Sono stati svelati i nomi delle 14 persone indagate per il fallito attentato al Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, nella notte tra il 17 e 18 maggio 2016 lungo la strada che collega San Fratello a Cesarò.
Lo svela il quotidiano “Gazzetta del Sud” in edicola oggi, dove sono riportati gli iscritti sul registro degli indagati della Dda di Messina: si tratta di Sebastiano Foti Belligambi, Giuseppe Conti Taguali, Sebastiano Musarra Pizzo, Salvatore Armeli Iapichino detto “Zecchinetta”, Sebastiano Destro Pastizzaro, Daniele Destro Pastizzaro, Carmelo Fabio, Giuseppe Calà Campana, Nicola Antonio Karra, Antonino Foti detto “Biscotto”, Andrea Cerro, Giuseppe Foti Belligambi, Litterio Cerro e Carmelo Triscari Giacucco. Tutti indagati per il reato di tentato omicidio. Decisiva sarà adesso la prova del Dna effettuata sui mozziconi di sigaretta e altre tracce ematiche recuperati ai bordi della strada dove è stato compiuto l’agguato.
“I nomi dei 14 soggetti destinatari degli avvisi di garanzia della DDA di Messina che indaga sull’attentato Antoci e sulla mafia dei pascoli, oggi resi noti dalla stampa, dimostrano che il business dei terreni e dei contributi europei per lo Sviluppo Rurale (PSR) sono interessi economici in mano alle organizzazioni mafiose che il Protocollo di Legalità ha destabilizzato”.
E’ questa la prima dichiarazione di Giuseppe Antoci, Presidente del Parco dei Nebrodi, dopo aver appreso i nomi dei 14 indagati. “Si tratta di nomi importanti, di elevato spessore criminale, tutti legati ai clan dei Pruiti e di Turi Catania. Tra questi spiccano – spiega Antoci – anche i 4 soggetti indagati per l’omicidio dell’allevatore Giuseppe Conti Taguali ,ucciso barbaramente a colpi di lupara a luglio del 2014. La maggior parte di loro sono gli stessi personaggi che lo scorso anno, in applicazione del protocollo Antoci, sono stati colpiti da interdittiva antimafia con conseguente revoca di migliaia di ettari di terreni ricadenti nel Parco dei Nebrodi. Un danno economico consistente per questi soggetti che, da decenni, riuscivano a garantirsi indisturbati affitti pluriennali di terreni ricadenti nel Parco, particolare questo che permette di incassare maggiori contributi Agea”.
“E’ evidente – continua Antoci – che dietro organizzazioni di questo livello, vi e’, necessariamente a supporto, una rete ben strutturata, che pero’ l’impeccabile lavoro della magistratura ha portato alla luce. Questi clan vanno fermati ed i terreni dati ai giovani, come stiamo facendo. Hanno lucrato per anni su questo sistema, senza bisogno di ricorrere a reati tipici come rapine e pizzo, ma con semplici truffe legalizzate. Il protocollo ha bloccato un business da milioni di euro, utilizzati dai clan mafiosi di tutta la Sicilia per conclamare il loro potere, nonché il completo controllo dei terreni e, attraverso la pressione e le minacce, anche dei poveri agricoltori ed allevatori onesti. Ma ormai il dado è tratto – conclude Antoci – la Sicilia con il Protocollo di Legalità ha dato esempio di vera lotta alla mafia, quella che segue, come diceva Falcone, i soldi e gli interessi ed infatti a giorni, con grande soddisfazione, con l’approvazione del nuovo codice Antimafia in discussione al Senato. Il Protocollo Antoci, in toto recepito nella norma, diventerà legge dello Stato Italiano e dunque, un vero duro colpo per le infiltrazioni mafiose anche nelle altre regioni d’Italia”.