Autostrade A20 e A18, trazzere che attentano alla sicurezza degli automobilisti

di Giuseppe Salerno
12/12/2022

Utilizzare il termine autostrade, accostandolo  all’ A20 e all’A18, è senza dubbio cosa sbagliata, perché di tutto possiamo parlare, fuorché di autostrade. Le due tratte, la prima lunga 183 km, collega Messina a Buonfornello e la seconda, per il primo tronco, che collega Messina con Catania lungo 77 chilometri, entrambe gestite dal Consorzio per le Autostrade Siciliane, oggi rappresentano un grosso pericolo per gli automobilisti

Una vergogna sotto gli occhi di tutti – politici compresi -per la quale  gli automobilisti da anni chiedono il declassamento di entrambi le arterie e l’abolizione del pedaggio autostradale, rilevato che i costanti disagi oltre che una diffusa condizione di insicurezza certificata dalle numerose indagini e dai sequestri, producono un inevitabile danno economico. Negli scorsi giorni, in tal senso, anche il Consorzio Intercomunale Tindari Nebrodi ha proposto al CAS – Consorzio Autostrade Siciliane  – la sospensione del pedaggio per il tratto compreso Brolo-Messina.

Nel settembre 2021, Federconsumatori, Arco consumatori, Konsumer, Cittadinanzattiva con il suo Comitato Autostrade sicure, hanno presentato un esposto denuncia alla Procura della Repubblica di Messina contro il Consorzio per “attentato alla sicurezza dei trasporti”. Nell’esposto redatto dall’avvocato Fulvio Capria di Federconsumatori vengono evidenziate anche una serie di inadempienze nei confronti della Direzione Generale per la Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali che nelle ultime relazioni annuali predisposte, (dal 2016 al 2018) aveva rilevato la drammatica situazione delle autostrade.

Oltretutto, pare sia emerso, che il Consorzio, abbia omesso ogni anno “di comunicare alla Direzione Generale i dati completi relativi alla gestione economico – finanziaria degli investimenti ed amministrativa in generale, generando una serie di atti di diffida da parte dell’organo di controllo. Queste condotte e le indignate proteste degli utenti hanno spinto il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ad inviare un ispettore per esaminare la tratta dell’A20”.

L’ispettore, in una relazione di 46 pagine, ha confermato la drammaticità in cui versano gallerie, viadotti, cavalcavia, manto stradale, suggerendo di adottare, con una certa urgenza, per la mitigazione del rischio, restrizioni nella circolazione. Risultato? Viadotti chiusi, tratti autostradali interdetti e doppio senso di circolazione per oltre un terzo del percorso. Il prezzo del pedaggio, però, rimane lo stesso. Secondo indiscrezioni, pare addirittura che i vertici del CAS intendono, dall’1 gennaio 2023, aumentare di 0,70 centesimi di euro il tributo per l’intera tratta.

Marco Falcone, ex assessore regionale alle Infrastrutture e Mobilità (nella scorsa legislatura) oggi assessore all’Economia nel Governo Schifani, qualche mese aveva puntato il dito all’indirizzo dei vertici ANAS. “Se la condizione delle autostrade siciliane è pessima, la colpa è loro. Tutti da fuori Sicilia, vengono al martedì e vanno via il giovedì. Ho chiesto di rimuovere due dei quattro dirigenti apicali Anas in Sicilia, perché non è possibile accettare la loro dimostrazione di non avere a cuore le sorti della Sicilia”,  ebbe modo di affermare Falcone intervenendo alle celebrazioni per i trent’anni di Airgest, la società di gestione dell’Aeroporto «Vincenzo Florio» di Trapani.

Fotografando la situazione attuale in cui versano oggi le arterie Siciliane più importanti, le autostrade A20 e A18, delle vere e proprie trazzere lungo le quali giornalmente viaggiatori mettono a repentaglio la propria vita, emerge uno stato di degrado che contribuisce a marcare, dal punto di vista infrastrutturale, quel divario che evidenzia come il Sud non riesce a stare al passo con il Nord.  Si parla di progetti futuribili, come il Ponte sullo Stretto di Messina, e non di opere essenziali sulle quali necessitano interventi immediati, come autostrade, strade di collegamento interno e viabilità ferroviaria che si presentano da terzo mondo. Utilizzando un’ espressione idiomatica, che acquista significato solo nel dialetto siculo, in questa parte d’Italia “c’è di ittari  i vuci”  

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