Caso Concussio, il processo approda in Corte d’appello
Si è svolta ieri, presso il Tribunale di Messina, la prima udienza del processo di secondo grado a carico degli imputati nell’Operazione denominata “Concussio”, che il 20 aprile 2018 portò all’arresto di Giuseppe Lo Re, detto Pino, 57 anni, di Caronia, ritenuto dagli inquirenti esponente del mandamento mafioso di San Mauro Castelverde; Isabella Di Bella, la cartomante 70enne di Acquedolci e Vincenzo Tamburello, 43 anni, ex consigliere comunale di Mistretta, accusati di “tentata estorsione in concorso aggravata dal metodo mafioso”.
Il Tribunale collegiale di Patti, presieduto dal giudice Ugo Scavuzzo, il 12 febbraio 2020 aveva condannato a 7 anni e 6 mesi di reclusione e al pagamento di 2.500 euro di multa Giuseppe Lo Re; a 3 anni di reclusione e al pagamento di 2.500 euro di multa, Isabella Di Bella ed assolto l’ex consigliere comunale di Mistretta Vincenzo Tamburello, per non aver commesso il fatto.
Nell’udienza, durata 10 ore, vengono ripercorse tutte le fasi salienti dell’inchiesta “Concussio” che ha visto gli imputati accusati di aver imposto il pizzo a due imprenditori edili, Rosario Fortunato e la moglie Barbara Scaffidi, sui lavori di restauro delle opere di «Fiumara d’Arte», mentre era in corso la gara, indetta dal Comune di Mistretta, per i lavori di valorizzazione e fruizione del patrimonio artistico contemporaneo nebroideo.
Al Collegio della Corte d’Appello, presieduto da Alfredo Sicuro, l’accusa, rappresentata dalla Procura Generale di Messina, chiede il rigetto dell’appello presentato dalle parti, le quali chiedono, a loro volta, l’annullamento della sentenza di primo grado nei confronti di Pino Lo Re e Isabella Di Bella – nonché degli altri sei imputati accusati, e condannati in primo grado per trasferimento fraudolento di valori in concorso con Lo Re: Annamaria Hristache a 2 anni e 4 mesi, Mario Bonelli a 2 anni e 2 mesi, Giuseppe Belvedere, Dimitrina Dimitrova, Florian Florea e Dimona Dimitrova Gueorguieva tutti a 2 anni – e l’accoglimento del proprio appello contro l’assoluzione in primo grado nei confronti di Vincenzo Tamburello chiedendo per lo stesso tre anni e duemila euro di multa.
Uno sconto sostanzioso di condanna da parte del Pubblico Ministero, considerato che in primo grado l’accusa aveva chiesto 8 anni di reclusione e 10 mila euro di multa. Dal canto loro i legali del commercialista amastratino reclamano l’inammissibilità e il rigetto dell’appello del P.M. e la conferma della sentenza di primo grado di cui si tornerà a parlare nella prossima udienza fissata per l’8 marzo.
“Nessuna ‘tentata estorsione in concorso aggravata dal metodo mafioso’ si è consumata nell’ambito dell’inchiesta denominata Concussio” è il concetto ancora una volta ribadito in aula da diversi legali tra cui Alessandro Pruiti, difensore del Tamburello, il quale, davanti al Collegio, asserisce che il nome corretto dell’operazione condotta dalla DDA di Messina sarebbe stato “Corruzio”, riferendosi a presunti reati emersi dalla vicenda e trascurati dagli organi inquirenti. Come quello che avrebbe commesso da un funzionario del Comune di Mistretta che – come emerge da processo – proponeva un accordo: “in cambio della contrazione dei tempi per l’esecuzione dei lavori, rispetto a quelli indicati nel bando di gara, offriva il pagamento anticipato dei vari S.A.L.” In tale maniera si sarebbe, sostanzialmente, certificata l’avvenuta esecuzione dei lavori, senza che gli stessi a quella data fossero stati effettivamente realizzati.