Galati Mamertino, la Villa Comunale di località Centimolo porterà il nome di Francesca Serio
Il 16 maggio 1955 fu ucciso a Sciara, in provincia di Palermo, il sindacalista Salvatore Carnevale. Sua madre si chiamava Francesca Serio ed era una donna coraggiosa che emergeva nella Sicilia degli anni Cinquanta dominata, in gran parte, dall’omertà mafiosa. Francesca era nata nel 1903 a Galati Mamertino, sui Nebrodi. E proprio a Galati Mamertino che l’ Amministrazione Comunale ha deciso di omaggiare il coraggio e la determinazione di questa donna intitolandole, alla memoria, la Villa Comunale di località Centimolo.
L’ intitolazione della Villa Comunale si terrà il prossimo 23 settembre (data simbolica della nascita di Salvatore Carnevale) e vedrà la partecipazione – tra le altre personalità – dei docenti e degli studenti delle Scuole di Galati Mamertino e dell’Istituto Comprensivo.
“Dopo aver seguito da vicino l’ iter procedurale – anche su sollecitazione di diversi cittadini e importanti personalità – sono veramente emozionato e soddisfatto di condividere questa giornata culturale, storica e identitaria con tutta la cittadinanza, con le autorità che saranno presenti e soprattutto con i giovani studenti galatesi – afferma il primo cittadino Vincenzo Amadore. La memoria e il ricordo dei nostri cittadini illustri risulta fondamentale per continuare a costruire e mantenere viva l’ identità e i valori di una comunità intrisa da sempre di storia e cultura”.
Francesca Serio si sposò con Giacomo Carnevale ma poco dopo restò vedova e decise di trasferirsi a Sciara per crescere con grande fatica ma anche con dignità il figlio Salvatore che divenne un dirigente sindacale che lottò per la terra, per la classe operaia e per far applicare le norme della riforma agraria scontrandosi duramente con mafiosi e proprietari terrieri, come i Notarbartolo, padroni di Sciara. Dopo varie infruttuose minacce, i mafiosi tentarono “la carta delle promesse” dicendogli che se si fosse ritirato da quella lotta lo avrebbero ricompensato con una buona somma di denaro. Ovviamente il tentativo di corruzione fallì. La mattina del 16 maggio, sulla strada che portava alla cava, Salvatore cadde sotto i colpi dei mafiosi, perfettamente individuabili ma rimasti impuniti. Il dolore straziante di questa madre si trasformò presto in determinazione a continuare la lotta intrapresa dal figlio. Accusò i mafiosi e denunciò la complice passività delle forze dell’ordine e della magistratura. Dopo l’inspiegabile assoluzione, celebrò quotidianamente, davanti a tutti coloro che andavano a trovarla nella sua casa poverissima, un suo processo, civile e politico.
Lo scrittore Carlo Levi in “Le parole sono pietre”, pubblicato nel 1955, scrive: «nient’altro esiste di lei e per lei se non questo processo che essa svolge e istruisce da sola, seduta nella sua sedia di fianco al letto; il processo del feudo, della condizione servile contadina, il processo della mafia e dello Stato. Così questa donna si è fatta in un giorno: le lacrime non sono più lacrime ma parole, e le parole sono pietre…» La straordinaria figura di questa donna è stata raccontata anche da Franco Blandi in “Francesca Serio”