“Sono salvo solo grazie ai Carabinieri di Mistretta”. Inizia così la drammatica testimonianza di un cittadino di Castel di Lucio, Pippo Giordano, che ha voluto inviare una lettera al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e al Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Teo Luzi, nella quale racconta il valoroso gesto compiuto da due Carabinieri del Nucleo Operativo del Comando Compagnia Carabinieri di Mistretta, che, sprezzanti del pericolo, nel corso dell’incendio che ha interessato e devastato il territorio di Castel di Lucio, la notte tra il 4 e il 5 agosto scorso, hanno messo a repentaglio la loro vita per salvare la sua e quella di alcuni suoi familiari.
“ …l’incendio – scrive Giordano – stava arrivando al confine della mia proprietà, le fiamme, alte già decine di metri, lambivano gli alberi di cinta del mio giardino e il fumo causava scarsa visibilità e reso l’aria irrespirabile. Io, mia moglie, mio fratello e mio genero stavamo, con alcuni tubi, bagnando gli alberi e le piante sul confine e, tra le urla di disperazione della gente, ad un certo punto, ho sentivo ed ho riconosciuto le voci delle mie figlie che urlavano a squarciagola “Aiuto”.
Dopo alcuni minuti, ho sentito a gran voce chiamare il mio nome, ma in quel momento, mentre vedevo bruciare i sacrifici di una vita, e nonostante le alte fiamme mi avessero quasi raggiunto, ho ignorato il richiamo e, insieme ai miei familiari, abbiamo continuato a gettare acqua sugli alberi e sulla tettoia in legno a ridosso della casa posto immediatamente sotto gli alberi. Qualcuno, che non sono riuscito ad identificare dalla voce, continuava a chiamarmi urlando il mio cognome, ma ero troppo preso dall’affannoso tentativo di salvare casa mia per rispondere.
Ad un tratto mi sono sentito afferrare per un braccio e sono stato trascinato con forza da due persone estranee, che, dopo poco, ho riconosciuto: erano due carabinieri in abiti civili, due marescialli in servizio presso il Nucleo Operativo di Mistretta. Gli stessi trascinandomi via, hanno costretto me e i miei familiari ad abbandonare l’abitazione con le nostre autovetture poiché le fiamme, oramai indomabili, avevano preso il sopravvento sulle conifere che ci sovrastavano.
I due Carabinieri sono rimasti a presidiare la strada che porta all’ingresso della mia abitazione. Ciò nonostante, dopo aver messo in sicurezza mia moglie e le mie figlie, io e mio fratello, abbiamo deciso – oggi dico con sconsideratezza – di ritornare dentro casa per cercare di salvare il salvabile, ed eludendo i due militari, sfruttando il buio, insieme mio fratello, siamo entrati da un ingresso secondario.
Ormai le fiamme lambivano la tettoia e avevano chiuso uno dei due viottoli che portano all’uscita carrabile. E’ stato mio genero, che temendo per la nostra vita a causa del gesto sconsiderato dettato dalla disperazione che stavamo compiendo, ad avvisare i due carabinieri del fatto che io e mio fratello eravamo tornati nel cortile di casa sfruttando un altro ingresso. I militari ci hanno più volte urlato di uscire e, non ottenendo risposta, nonostante le fiamme oramai avessero raggiunto la casa, e la coltre di fumo reso l’aria irrespirabile e azzerato la visibilità, non hanno esitato a rientrare nel cortile della casa e a trascinarci fuori nuovamente. Eravamo in uno stato confusionale, come storditi.
A quel punto i Carabinieri ci hanno fatto salire sulla loro autovettura di servizio, ci hanno messo al riparo dove ci stavano attendendo i nostri familiari. Solo lì, dopo aver riabbracciato mia moglie e le mie figlie, ho realizzato che con il nostro gesto, seppur dettato dalla disperazione, avevamo rischiato tanto mettendo a repentaglio la nostra vita e quella dei due carabinieri. Se non ci fossero stati questi due “angeli”, credo che oggi non sarei qui a scriverVi” – conclude Giordano.