Inchiesta sull’eolico, condannata La Repubblica: “Diffamò Cordaro”

La prima sezione civile del Tribunale di Palermo ha condannato la società Gedi, editore de “La Repubblica”, a risarcire il danno causato tre anni fa all’assessore regionale all’Ambiente Totò Cordaro. A darne notizia lo stesso esponente del governo Musumeci.

I fatti risalgono al 19 aprile del 2019, quando il quotidiano, nell’edizione di Palermo, pubblicava un articolo dal titolo: “Eolico, il faccendiere e i politici, tutti gli uomini di “re” Nicastri”, richiamato nella prima pagina con il titolo “Il vento delle tangenti”. A corredo del pezzo venivano riprodotte anche tre fotografie, una delle quali di Cordaro, nel cui sottotitolo si riportava: “Incontri, telefonate, amici: il professor Arata era arrivato a Cordaro e Pierobon tramite Mannino e Micciché”. Un articolo per il quale Cordaro si era sentito danneggiato per l’accostamento della sua immagine all’inchiesta penale dalla quale era estraneo e per questo motivo, attraverso gli avvocati Salvatore Ferrara e Giovanni Gruttad’Auria, aveva convenuto in giudizio il quotidiano romano. 

“L’accostamento del titolo di detto articolo, ove si fa riferimento a politici qualificati quali “uomini di “re” Nicastri”, alla foto del Cordaro – scrive il giudice Flavia Coppola nell’ordinanza depositata venerdì scorso – è allusiva e suggestionante ed idonea ad insinuare nel lettore la convinzione che i soggetti ritratti nelle foto, tra cui l’odierno ricorrente, siano riconducibili nel novero degli uomini a disposizione del predetto Nicastri, soggetto vicino ad ambienti mafiosi”. 

Ed aggiunge “il titolo dell’articolo affiancato alla fotografia del ricorrente allo stesso allusivamente accostata ha autonoma capacità diffamatoria. Detto complesso di elementi, invero, è idoneo ad indurre il lettore – che decida di non approfondire il contenuto dell’articolo tramite lettura integrale dello stesso – a ritenere che il Cordaro sia uno dei politici rientranti nel novero degli “uomini di “re” Nicastri”, soggetto notoriamente vicino al boss mafioso Matteo Messina Denaro”.

Ed ancora “detta suggestione viene rafforzata dal sottotitolo ove – senza nessuna ulteriore specificazione – si legge che il prof. Arata, sodale di Nicastri nell’ambito di un apposito sistema corruttivo (come emergeva dalle molteplici notizie di stampa di quei giorni), era “arrivato” a Cordaro”. 

Per il giudice Coppola “l’insieme di detti elementi veicola un messaggio ambiguo, equivoco e fuorviante avente portata diffamatoria in quanto lesiva della reputazione dell’odierno ricorrente, allusivamente accostato ai politici amici del Nicastri e a “tutti gli uomini” dello stesso cui si fa riferimento nel titolo dell’articolo in questione”. 

“Dall’allusivo accostamento di foto e titolo – scrive ancora il giudice – emerge la consapevolezza della redazione giornalistica di insinuare nel pubblico l’idea che Cordaro, al pari degli altri politici raffigurati nelle altre due foto, fosse uno degli uomini di cui si avvaleva Nicastri per il raggiungimento dei propri illeciti obiettivi. La redazione, invero, ha fatto ricorso a detta tecnica espositiva al fine di catturare maggiormente l’attenzione del pubblico con implicita volontà in ordine all’evento di pericolo relativo alla possibile offesa della reputazione altrui”.

Il giudice sottolinea inoltre che “dalla lettura dell’intero articolo, il quale non riportava notizie false, si evinceva l’estraneità di Cordaro dalla cerchia degli “amici” del Nicastri”. Oltre al risarcimento del danno (quantificato in seimila euro), il gruppo Gedi è stato condannato anche al rimborso delle spese legali.

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Redazione