Le estorsioni nel metanodotto Mistretta – Santo Stefano raccontate dai “pentiti”
Le dichiarazioni rese dei collaboratori di giustizia, in passato esponenti di spicco della famiglia mafiosa dei “Batanesi”: Barbagiovanni Carmelo, Marino Gammazza Giuseppe e Costanzo Zammataro Salvatore, hanno dato un importante contributo nelle indagini che hanno portato all’ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Messina, su richiesta della locale Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di 37 soggetti, appartenenti e/o indiziati di appartenere alla famiglia mafiosa “tortoriciana”, indagati, nel rispetto della presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, associazione dedita alla coltivazione/acquisto/detenzione/cessione e al commercio al minuto di sostanza stupefacente di vario tipo, estorsioni, trasferimento fraudolento di valori, truffe aggravate per il conseguimento di erogazioni pubbliche in concorso, riciclaggio e autoriciclaggio, malversazioni di erogazioni pubbliche, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale.
Proprio le dichiarazione rese dal collaboratore di giustizia Carmelo Barbagiovanni, nell’interrogatorio del 17 settembre 2020, viene fuori l’estorsione a danno dell’impresa appaltatrice dei lavori per la realizzazione del metanodotto Mistretta- Santo Stefano di Camastra, la quale si era aggiudicata l’esecuzione dell’opera attraverso il conseguimento di un appalto pubblico. Il collaboratore riferisce che i proventi dell’estorsione sarebbe stata realizzata dalla famiglia mafiosa dei “Batanesi” e i proventi dell’estorsioni consegnati nelle mani di Giuseppe Marino Gammazza, da tale Giuseppe Giletto di Caronia, da ieri agli arresti domiciliari con l’accusa, appunto, di estorsione e associazione a delinquere. Giletto, titolare di un’impresa edile, all’epoca dei fatti, collaborava con la ditta calabrese sottoposta ad estorsione.
“I soldi dell’estorsione – racconta Barbagiovanni – sono stati consegnati agli associati, ai Batanesi. Una parte è stata consegnata anche a me. Marino Gammazza Giuseppe mi consegnò i soldi del provento di questa estorsione in due occasioni: una volta mi diede 1000 euro e un’altra vota 1500 euro. Una parte dei soldi so che sono stati consegnati a Bontempo Sebastiano detto “U Uappu”. Una volta Giletto consegnò dei soldi, parte di questa estorsione, direttamente a me. In tale occasione, nel 2018, dissi a Giletto “ma perché ti cacci in queste situazioni?”. Da quanto ne so Giletto non si tratteneva denaro, il suo vantaggio consisteva nel ricevere lavoro. Comunque lui era consapevole che quel denaro fosse provento di estorsione e che andassero a noi Batanesi… So che Maria Rampulla (sorella di Pietro, condannato per essere l’artificiere della strage di Capaci e di Sebastiano, storico capo della famiglia mafiosa di Mistretta) doveva avere dei soldi dell’estorsione di cui stò parlando perché si trattava di lavori ricadenti nella zona di competenza della famiglia mafiosa di Mistretta, ma non so se questi soldi furono effettivamente consegnati”
Anche il pentito Giuseppe Marino Giammazza nel corso di un interrogatorio parla dell’ estorsione a danno dell’impresa calabrese che si occupava di collocare i tubi di metano tra Mistretta e Santo Stefano di Camastra affermando che lo stesso reato fosse iniziato nel 2014 – 2015, attraverso Carmelo Barbagiovanni, ed era stata sistemata grazie a “Peppino Giletto di Caronia”. I primi 3 mila euro sarebbero stati consegnati in contanti allo stesso Marino Giammazza nella casa della suocera a Pagliara (a Natale 2014 e Pasqua 2015), racconta il collaboratore di giustizia. Giammazza riferisce altresì di aver portato il denaro a Sebastiano Bontempo “biondino”, il quale lo avrebbe diviso le somme assegnandone una parte allo stesso, una parte a Salvatore Costanzo Zammataro, a Vincenzo Galati Giordano “lupin”, a Carmelo Barbagiovanni e alla “signorina Maria Rampulla (deceduta nel maggio del 2016)