Le lettere d’amore a Maria di Nino Ferraù. Il poeta inedito svelato da Armeli Iapichino e Baglio

Nino Ferraù (Galati Mamertino, 1923 – Messina, 1984), è noto al grande pubblico come apprezzato e prolifico poeta, dallo stile fluido e dalla capacità comunicativa genuina e immediata. Attivo sulla scena culturale tra gli anni Cinquanta e Settanta con la rivista “Selezione poetica”, espressione della nuova corrente letteraria dell’Ascendentismo, la conoscenza della sua opera è stata alimentata nel tempo da un prestigioso Premio nazionale di Poesia che il Comune di Galati Mamertino gli ha dedicato tra il 1985 e il ’92 –  di recente ripreso a partire dal 2018 – e  da una serie di pubblicazioni postume di raccolte poetiche realizzate grazie all’instancabile sforzo del fratello Pippo.

Nell’ottica di favorire l’avvio di una nuova stagione di approfondimento critico sulla sua produzione, non solo poetica ma anche in prosa, e di promuoverne la conoscenza presso le giovani generazioni si colloca il contributo di due docenti, conterranei del poeta, Luciano Armeli Iapichino e Antonio Baglio, che ormai da qualche anno si stanno spendendo su questo terreno con convegni, pubblicazioni e la riattivazione del Concorso nazionale di poesia. L’ultima loro fatica è rappresentata dalla cura di un corposo volume che raccoglie le lettere d’amore del poeta alla futura moglie, Maria.

In Un solo rogo d’anima e di carne. Nino Ferraù: lettere d’amore a Maria (1957-1959), edito da Armenio, ad emergere è il Ferraù più intimo, privato, senza veli, in un linguaggio impregnato di sentimento, calore, struggente e intensa passione che getta uno sguardo profondo sul mondo interiore dell’aedo galatese. Manifestazione dell’evolversi di un discorso amoroso, composte nel tempo in cui la scrittura epistolare rappresentava la forma essenziale di comunicazione tra persone lontane, in queste lettere si rispecchiano i vari aspetti della poliedrica personalità dell’autore, il suo modo di vivere l’amore e i rapporti familiari, il vigore dei sentimenti, l’afflato religioso, il suo essere pedagogo e maestro – oltre che fine poeta -, nella piena identificazione tra arte e vita. Sono lettere intime, che ce ne rivelano la natura più autentica (le mie poesie possono essere fantasia, ma le lettere sono anima, sono io stesso che mi dono senza riserve e senza maschere) e acquistano valore anche come fonte d’informazione per la conoscenza dell’universo letterario di Ferraù.   

Composto da una selezione tra centinaia di missive, scritte dal 1957 al 1963, nell’epistolario – di cui si pubblica la prima parte in attesa dell’uscita di un secondo volume – si dipana la trama d’amore tra il poeta, reduce dai travagli di un precedente matrimonio finito male e la giovane Maria Marchese Ragona (originaria di Canicattì e all’epoca studente nella Facoltà di Giurisprudenza a Palermo), cui si lega a partire dal 1956 fino a sposarla civilmente nel 1972. Si tratta pertanto della fase iniziale di quel lungo rapporto che li terrà uniti sino alla morte del poeta avvenuta nel 1984, coronata dalla nascita, nel 1970, dell’unico figlio, Vincenzo. Alle lettere sono affidate le ansie, i progetti, la cronaca di un rapporto e di una vita vissuta in città diverse, tra Messina, Galati Mamertino, Canicattì e Palermo, animata dal desiderio di rivedersi al più presto nei fine settimana e con l’obiettivo di ricongiungersi al termine del percorso di studi di Maria, superando le inevitabili difficoltà connesse alle consuetudini del tempo.

Nel complesso, l’epistolario si configura come una sorta di termometro: scruta e misura la temperatura di un amore che emerge ora nei suoi aspetti passionali, travolgenti e sensuali, ora nel desiderio di costruzione di un nido familiare, ora nel vagheggiamento dei bei momenti trascorsi sul Monte Pellegrino e in altri luoghi divenuti custodi del loro amore, ora negli inevitabili scontri e delusioni legati alle divergenze tra i due.

È una corrispondenza senza filtri tra innamorati, non finalizzata alla pubblicazione, in un periodo storico in cui non esistevano i cellulari o i social e la scrittura rappresentava il canale privilegiato di comunicazione, avendo come veicolo essenziale la posta. E i tempi erano scanditi dal recapito delle lettere: ogni ritardo poteva scatenare reazioni, malumori e litigate da parte dei due amanti.

Se la prosa è necessariamente lineare, colloquiale, il linguaggio poetico affiora e si impone nelle similitudini e nelle ricercate metafore legate al rapporto amoroso, sensuali e cariche di erotismo. L’amore è sì passione, eros, desiderio di unione spirituale e carnale con la propria amata; ma, al contempo, si esprime pienamente nell’aspirazione a completarsi a vicenda come anche nella voglia di costruire una famiglia generatrice di vita, assumendo la veste della realizzazione di un sogno.

Al di là della storia d’amore e del linguaggio espressivo che la connota, questo corpus epistolare si rivela senza dubbio utile per ricostruire la trama dei contatti culturali del poeta. Si ha come l’impressione di entrare, per così dire, nell’“officina” dello scrittore. Ritroviamo di frequente in queste pagine, nell’ampia cerchia di poeti, letterati e artisti con cui interagiva, i nomi del colonnello Salvatore De Maria, mentore e co-promotore delle iniziative editoriali di Ferraù, Frediano Frediani (Portoferraio, nell’Isola d’Elba), la mecenate Eugenia Golinelli (Bologna), il direttore della rivista “La Procellaria” Francesco Fiumara (Reggio Calabria), Vanni Pucci (Palermo), Virgilio Faini, Emo di Gilio, il marchigiano Giorgio Umani, il pugliese Vincenzo D’Ambrosio, Francesco Tonelli (La Spezia), Febo Delfi, Virgilio Brocchi, Giambattista Arrigo, Rino Ferrara, Walter Trillini e di tanti altri scrittori ancora. Per non parlare dell’editore Feltrinelli, con cui si incontrò nel gennaio del 1961, e di cui riferisce l’allettante proposta: “Voleva che io restassi a Milano come consulente editoriale”. Emerge chiaramente come gli sforzi e le attenzioni maggiori fossero dedicati dal poeta alla sua rivista, “Selezione poetica”, fondata nel 1954 come espressione della corrente letteraria dell’Ascendentismo, con una rete di collaboratori in Italia e all’estero: costante era la preoccupazione per assicurare una capillare distribuzione della rivista, la regolare riscossione degli abbonamenti e il contenimento dei costi editoriali. Accanto all’attività poetico-letteraria e alle fatiche dell’insegnamento scolastico, la cura editoriale della rivista assorbiva infatti gran parte delle sue energie, in un impegno oneroso e totalizzante.

In attesa della pubblicazione del secondo volume, incentrato sul periodo 1960-63, si può affermare in conclusione, per richiamare le parole dei curatori, che l’epistolario ferrauiano si configuri non solo come moderno canzoniere d’amore in prosa ma pure alla stregua di un diario d’esistenza, che passa attraverso momenti di esaltazione e appagamento amoroso, tormenti, attese, sofferenze, prove, e procede verso una liberazione, il tanto anelato ricongiungimento con la persona amata. E nella narrazione di questa storia intima di un amore, nella stessa riscoperta di un discorso amoroso e di un linguaggio di così grande intensità e impatto, universali e senza tempo, in tanti potranno riconoscersi.

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Redazione