Mafia a Messina, arrestate otto persone per la distribuzione dei farmaci

di Carla Lopes
29/10/2018

Esercitavano una controllo nella distribuzione dei farmaci in Sicilia e Calabria e imponevano l’acquisto di farmaci da parte delle farmacie dislocate sul territorio di Messina. E’ quello che emerge dall’operazione “Beta 2” dei Ros contro la ‘cellula catanese’ di Cosa nostra a Messina.

L’inchiesta, culminata oggi con l’arresto di Antonio Lipari, Salvatore Lipari, Giuseppe La Scala, Giovanni Marano, Michele Spina, Ivan Soraci, Maurizio Romeo e Salvatore Parlato, grazie anche alle recenti dichiarazioni del collaboratore Biagio Grasso, ha visto confermati i legami tra il gruppo Romeo con il clan catanese dei Santapaola che avrebbe preso forma nel corso di una cena tenutasi a Messina nel 2014, a cui avrebbero partecipato i vertici della società interessata ed esponenti del clan, tra cui Vincenzo Romeo che, nell’occasione, sarebbe stato presentato come “un imprenditore in vari settori e parente diretto di Nitto Santapaola con interessi economici a Messina, Catania ed in buona parte della Sicilia Orientale”.

L’obiettivo era quello di creare un hub per la distribuzione di farmaci nell’hinterland di Milazzo, che avrebbe aumentato esponenzialmente le potenzialità di intervento. È emerso, infine, che il sodalizio aveva la capacità di incidere anche sull’espressione del voto in alcune zone della città di Messina. Emblematica, a tal fine, l’affermazione di Francesco Romeo, captata nel 2015 dalle intercettazioni, che, dialogando col figlio Vincenzo, commentava le vicende elettorali di uno dei destinatari dell’odierna misura cautelare che, all’epoca, si era candidato alle elezioni amministrative: “se non era per noi altri i voti dove li prendeva nella funcia… (nel muso, ndr) “le casette” tutti me li hanno dati i voti… ”. 

LE REAZIONI

“Plauso incondizionato per la Procura di Messina e per gli investigatori per la brillante operazione che oggi ha portato agli arresti di otto persone, nell’ambito dell’inchiesta ‘Beta2’,  con l’accusa di  associazione mafiosa, traffico di influenze illecite, estorsione e turbata libertà degli incanti”. Lo esprime il deputato messinese del M5S all’Ars e componente della commissione Antimafia all’ARS, Antonio De Luca. “Messina – dice il deputato – si conferma al centro degli interessi mafiosi, non solo delle vicine città di Catania e Palermo, ma anche della Calabria, e questo, purtroppo, non ci meraviglia. Ci fa riflettere parecchio invece l’interesse dei clan per un pugno di abitazioni che avrebbe portato, secondo l’accusa, alla turbativa d’asta da parte di un dipendente dell’ufficio urbanistica del comune di Messina per alterare la gara d’acquisto di alloggi da assegnare ad abitanti delle novantacinque baracche di  Fondo Fucile. Se – prosegue il deputato – i clan si muovono per un numero così limitato di alloggi, allora cosa succederà per quella che il sindaco ha battezzato come la più grossa opera di risanamento della storia di Messina nel settore abitativo? Il Comune rifletta e, soprattutto, tenga gli occhi bene aperti”.

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