Maxi sequestro ad imprenditore di Naso vicino ai clan dei Nebrodi

di Redazione
29/01/2020

La DIA di Messina a conclusione di un’attività investigativa culminata nella proposta di applicazione di misura di prevenzione patrimoniale, in piena sinergia con la Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, guidata dal Maurizio De Lucia, e del Proc. Aggiunto Vito Di Giorgio, sta procedendo, in esecuzione di provvedimento emesso dal locale Tribunale Misure di Prevenzione, al sequestro di contesto societario nella disponibilità di Nunzio Ruggieri, imprenditore di Naso, operante nel settore della macellazione e commercializzazione del pellame, già condannato per usura nell’anno 2005. Lo stesso era già stato destinatario di altra misura ablativa disposta dalla stessa A.G. che gli aveva sottratto tutto il suo patrimonio, comprensivo di vari apparati societari, per un ammontare complessivo a 9,5 milioni di euro.

Nunzio Ruggieri è un soggetto storicamente legato ai sodalizi mafiosi nebroidei per la sua vicinanza ad elementi di spicco della criminalità organizzata “tortoriciana” quali Santo Lenzo, Cesare Bontempo Scavo e Carmelo Armenio. In particolare, da alcune dichiarazioni risalenti al 2002 del collaboratore Lenzo si evinceva che il Ruggieri, nel 1999, tramite Carmelo Armenio – referente della criminalità organizzata sul territorio di Brolo (Messina) – “aveva chiesto che fossero incendiati i mattatoi di Sinagra, Barcellona P.G. e Giammoro, impegnandosi, nel contempo, a versare lire 50.000.000 all’organizzazione mafiosa” che lo avrebbe verosimilmente favorito. L’intento criminoso non giunse a compimento “per l’opposizione dei rappresentanti della criminalità organizzata barcellonese”.

La sua caratura criminale, riferibile ad una lucrosa e continuativa attività usuraia, è stata rilevata con sentenza di condanna della Corte di Appello di Messina del 2005, divenuta irrevocabile nel 2009. La vicenda traeva origine dalle illecite condotte poste in essere dal Nunzio Ruggieri, negli anni 1998/2000, nei confronti di un dipendente di banca che, in ragione della sua personalità facilmente condizionabile, aveva generato, all’istituto di credito presso cui era impiegato, un dissesto economico per circa 76 milioni del vecchio conio attraverso la negoziazione di tre assegni. Questi, nel tentativo di ripianare la situazione, attraverso alcune “amicizie”, si rivolgeva a diversi soggetti, tra i quali anche il Ruggieri, al fine di ottenere alcuni prestiti rilevatisi, poi, di natura usuraia.

L’attività d’indagine eseguita dalla Dia di Messina ha permesso di appurare che il condannato  Nunzio Ruggieri, con la finalità di eludere la normativa antimafia, aveva costituito, pur essendo incapiente con le sue fonti ufficiali di reddito, altro contesto societario oggi appreso.

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