Maxiprocesso Nebrodi, depositate le motivazioni della sentenza
Oltre tremila le pagine da leggere, esattamente 3.249. Nero su bianco le motivazioni di un maxiprocesso storico, “Nebrodi”, sulle truffe agricole della mafia tortoriciana, che ha riguardato ben 101 imputati, e si è concluso a Patti nell’ottobre del 2022. Sette mesi fa.
Le motivazioni sono state depositate venerdì 28 aprile dal presidente della sezione penale del Tribunale di Patti Ugo Scavuzzo, e dai colleghi Andrea La Spada ed Eleonora Vona coloro che decisero quel verdetto giudicato fondamentale dopo ben otto giorni di camera di consiglio. A febbraio di quest’anno i tre magistrati avevano chiesto al presidente del Tribunale di Patti Mario Saperi una proroga di altri 90 giorni con la sospensione dei termini di custodia cautelare. Proroga che il presidente aveva accordato ai colleghi, «attesa – scrisse nel provvedimento -, l’estrema complessità del processo in oggetto per le motivazioni addotte». E in questi mesi i tre giudici hanno passato praticamente tutto il loro tempo a scrivere pagine su pagine. Per spiegare i motivi che li hanno portati a quelle conclusioni.
La sentenza del maxiprocesso Nebrodi nasce dall’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Messina, che con i carabinieri e la Finanza ha puntato i riflettori sulla cosiddetta “mafia dei pascoli” e sul vasto sistema delle truffe in agricoltura con i fondi europei. Ad ottobre in tutto si trattò di 90 condanne per un totale di oltre 640 anni di carcere, con pene che andavano dai 2 ai 30 anni; e poi di 10 assoluzioni totali e di una sola prescrizione totale. Tra le 90 condanne in soli due casi fu concessa la pena sospesa, per pene di 2 anni, poi si registrarono 50 assoluzioni parziali per altrettanti imputati e 33 casi di prescrizioni parziali (in quest’ultimo blocco per l’esclusione dell’aggravante mafiosa).L’altra architrave della sentenza riguardò le confische, per le aziende e per i singoli imputati, intorno ad una cifra di oltre 4 milioni di euro: 17 le aziende o imprese individuali confiscate. Ci furono poi ben 56 provvedimenti di confisca di somme a singoli imputati. Un altro aspetto fondamentale della sentenza furono i risarcimenti alle parti civili: per l’unico e coraggioso imprenditore costituito in giudizio, Carmelo Gulino, affiancato in questa battaglia dal circuito antiracket nazionale “Rete per la Legalità”, e poi per gli enti e le associazioni costituite al processo.