Mistretta, colto da infarto rischia la vita per i ritardi sul trasferimento
Quella che stiamo per raccontarvi è una storia incredibile. Una storia accaduta all’ospedale di Mistretta, nel corso dell’odierna giornata, che si è conclusa pochi minuti fa nel migliore dei modi. Fortunatamente. Una storia che dovrebbe far riflettere tutti su quanto l’utenza del territorio, che per le cure fa riferimento al nosocomio amastratino, sia esposta alla pericolosità di un’assistenza che è improprio definire tale.
La storia racconta di un 48enne di Pettineo, ancora vivo per una deroga concessagli dal proprio destino, non certo grazie alla tempestività e l’organizzazione del sistema sanitario che fa registrare, ancora una volta, quella carenza nelle prestazioni dei servizi professionali, mettendone in risalto gli aspetti inquietanti. L’uomo intorno a mezzogiorno, arriva al Pronto Soccorso dell’ospedale amastratino, accompagnato dalla moglie, riferendo un forte dolore toracico. I sanitari prendono in carico il paziente, in evidente stato di sofferenza, e lo sottopongono all’esame diagnostico dell’elettrocardiogramma dal quale, dalla riproduzione grafica dell’attività elettrica del cuore, si evince un infarto del miocardio.
Non essendoci in servizio nessun cardiologo (perché a Mistretta gli unici due cardiologi in forza al “SS. Salvatore” non riescono a coprire, oggettivamente, turni 30 giorni su 30) l’ECG viene trasmesso, tramite telemedicina, all’Unità Operativa di Cardiologia dell’ospedale Barone Romeo di Patti, per un teleconsulto cardiologico. Dopo poco arriva la refertazione a distanza dell’elettrocardiogramma: l’uomo ha un infarto in corso deve, immediatamente essere trasferito in una sala emodinamica per un intervento cardiologico causato da un restringimento importante di un vaso sanguigno.
Apriamo una parentesi. Il ritardo – ci spiega uno specialista – quando ad essere interessata è una piccola parte di cuore, potrebbe danneggiare ulteriormente il paziente dal momento che genera una condizione cronica in seguito al danno cardiaco esteso e permanente provocato dall’infarto. Invece nei casi estremi, nello shock cardiogeno, cioè quando il danno al muscolo cardiaco è così esteso da mettere in crisi la capacità di generare pressione e rifornire di sangue, ossigeno e nutrienti tutti gli altri tessuti dell’organismo, il ritardo diventa, spesso, una condizione fatale.
Ma torniamo alla nostra storia, con il 48enne sdraiato dolorante nel lettino del Pronto Soccorso, i pareti fuori dalla porta in apprensione e i sanitari con una diagnosi certa d’infarto in mano. Il paziente viene trattato dal medico di guardia con la terapia generica, prevista dai protocolli per i casi di specie; viene contattata la più vicina cardiologia interventistica – quella dell’ospedale Giglio di Cefalù – e attivata, tramite centrale 118, lo STEMI, la Rete per il trattamento delle Sindromi Coronariche Acute, connesso ad un adeguato sistema di trasporti che ha lo scopo di assicurare la riperfusione ottimale a tutti i pazienti con IMA con ST sopraslivellato.
Viene allertata l’ambulanza del 118 di Mistretta che, solitamente, con uno dei due cardiologi in forza all’ospedale amastratino a bordo, pronto nella necessità ad intervenire sul paziente in caso di peggioramento delle condizioni cliniche, trasferisce gli infartuati nelle strutture specialistiche. Ma oggi al “SS Salvatore di Mistretta”, in servizio, non c’erano cardiologi. Il medico reperibile di pronto soccorso pare fosse ad oltre un’ora di macchina da Mistretta e l’unica ambulanza medicalizzata del territorio – la Delta 29 di Santo Stefano di Camastra – era impegnata.
Il 48enne lascia l’ospedale alle 14:10, con circa un’ora e mezza di ritardo rispetto all’ufficializzazione della diagnosi d’infarto, giunta da Patti con teleconsulto cardiologico. Per trasferire il paziente la Centrale Operativa del 118 di Messina ha dovuto attivare l’unità mobile di soccorso medicalizzata di Cefalù (fortunatamente libera) che prende in carico il paziente e lo consegna al reparto di cardiologia del Giglio intorno alle 15:20, circa tre ore dopo la diagnosi di IMA. L’uomo viene immediatamente spostato nella sala di emodinamica e sottoposto ad intervento di angioplastica coronarica, eseguita al termine della coronarografia diagnostica e subito dopo trasferito nell’unità di terapia intensiva coronarica dove dovrebbe rimanere in osservazione per le prossime 24 ore
Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte e il loro impatto in termini di mortalità, morbosità e sui ricoveri ospedalieri si mantiene elevato, marcando, in questo territorio – più d’ogni altro – un grave problema sanitario, esasperato anche dalla mancanza di un numero minimo di medici cardiologi. Tenuto conto che alla fine, per puro caso, non è morto nessuno, qualcuno, come spesso è accaduto, cercherà di minimizzare. Quando si minimizza davanti ad un’assistenza di questo tipo ( quando il culo lo mettono gli altri) sminuendone l’aspetto pericoloso, si sta mettendo in atto un sistema di difesa indegno.