Mercoledì 14 febbraio segna l’inizio di un nuovo capitolo nella lunga storia giudiziaria scaturita dall’operazione Nebrodi, il primo maxi blitz anti mafia rivolto contro i clan di Tortorici e il fenomeno delle truffe all’Agea. Questo processo d’appello, che avrà luogo nell’aula bunker del carcere di Gazzi, promette di essere un momento cruciale, non solo per gli imputati e le loro difese, ma anche per le vittime e la società civile che osserva attentamente l’evolversi della situazione.
Il primo grado del processo Nebrodi si è concluso con una sentenza che ha visto 91 condanne, per un totale di oltre 600 anni di carcere, 10 assoluzioni, e beni per un valore di 4 milioni di euro confiscati. Questi numeri testimoniano l’ampiezza e la complessità delle operazioni criminali in esame, nonché la determinazione delle autorità giudiziarie nel perseguire e smantellare le reti mafiose che minacciano il tessuto sociale ed economico del territorio.
La Procura, non pienamente soddisfatta degli esiti del primo grado, ha avanzato richieste specifiche per questo appello: vuole che vengano riviste le assoluzioni, annullati i sequestri revocati in primo grado e confermata l’accusa di associazione a delinquere per i membri del clan Bontempo Scavo, che era stata cassata dalla Corte di Patti. Queste richieste suggeriscono che il dibattimento potrebbe riaprirsi, soprattutto alla luce delle nuove accuse portate dai pentiti, un elemento che potrebbe rivelarsi decisivo per l’esito del processo.
Durante la fase di interrogatorio delle persone coinvolte nella seconda tranche dell’inchiesta, si è osservata una prevalente reticenza a collaborare con la giustizia. La maggior parte degli indagati ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, mantenendo una posizione di chiusura che ha reso meno fruttuosa questa fase per gli inquirenti.
I difensori degli imputati, tra cui spiccano nomi noti dell’avvocatura italiana, non stanno certo a guardare. Hanno già iniziato a lavorare per chiedere al Tribunale del Riesame di annullare il provvedimento di sequestro del 6 febbraio, che riguarda anche 14 imprese e un significativo sequestro di titoli e denaro. Un altro sequestro, per un valore di poco più di 44 mila euro, ha riguardato Maria Destro Mignino, moglie di Carmelo Bontempo Scavo, mostrando come l’azione giudiziaria stia toccando non solo i diretti imputati ma anche i loro congiunti.