La situazione della viabilità sui Nebrodi, martoriata dai nubifragi e dal dissesto idrogeologico, genera sempre più preoccupazione nei cittadini che abitano nel territorio i quali, nel tempo, hanno potuto sperimentare come senza viabilità, non c’è trasporto, non c’è mobilità , non c’è istruzione, non c’è sanità, non c’è lavoro.
Eppure nell’ultima bozza della manovra del Governo nazionale, leggiamo della riattivazione della società “Ponte Stretto Spa”, con la possibilità per Rfi e Anas di un aumento di capitale fino a 50 milioni complessivi per la partecipazione alla società.
La storia infinita del ponte sembrerebbe arricchirsi di un nuovo capitolo. Nella manovra di bilancio approvata dal Consiglio dei ministri lunedì 21 novembre, infatti, la società pubblica incaricata del progetto è stata riattivata. La società di cui parliamo era stata costituita nel 1981 e messa in liquidazione nel 2013. Finora, senza che i lavori siano mai iniziati, il ponte è già costato 300 milioni di euro. Avete letto bene: non è stata posata una sola pietra e sino a questo momento sono già stati spesi 300 milioni di euro. Non solo. Altri 324 milioni restano in ballo per il contenzioso con cui la società, posta in liquidazione, ha chiesto il maxi risarcimento al ministero delle Infrastrutture.
Difronte alla spietatezza di questi numeri le migliaia di siciliani che vivono lontano dai grossi centri, in aree periferiche del territorio isolano, come ad esempio l’area dei Nebrodi, con strade sempre più impraticabili e pericolose, faticano a trovare un barlume di ottimismo che consenta loro di battere le mani all’iniziativa del Governo di impegnare milioni per la realizzazione della maxi opera. La gente non riesce a guardare al di là della preoccupante situazione legata alla viabilità e ai collegamenti.
Che senso può avere – si chiedono in tanti – investire altri milioni di euro in un ponte che collega all’Isola priva di strade interne, acquedotti, depuratori, reti energetiche, per i quali spesso in passato sono state trovare risorse finanziarie, ma che, il più delle volte, siamo stati costretti a restituire gli stessi fondi per una serie di difficoltà legate all’impiego delle risorse. La Sicilia ha un deficit infrastrutturale preoccupante e la lentezza, in parte determinata dalla volontà politica, nasce scientemente per accentrare l’attività di gestione e controllo delle ingenti risorse che, nel migliore dei casi, assicurano consenso, nel peggiore, aprono le porte a fenomeni di corruzione.
La costruzione del Colosseo iniziò nell’anno 72 d.C. e terminò nell’anno 80 d.C. Con i mezzi dell’epoca ci vollero circa 8 anni per realizzare il più grande anfiteatro del mondo. Secondo i dati forniti dal Ministero dello Sviluppo Economico, oggi, per realizzare una grande opera in Sicilia, 5 sono gli anni impiegati, mediamente, per la sola fase relativa alle progettazioni. Il ponte sullo Stretto di Messina ha battuto tutti i record. Capite perché i siciliani che vivono giornalmente nelle difficoltà legate alla viabilità e al trasporto interno s’indignano? E’ triste non poter vedere la propria terra progredire o, quanto meno, vederla restare al passo con il resto del Paese.