Populismo e arte oratoria che corrompono la visione della gente
Non è difficile ottenere consenso quando si rivendica urlando, il diritto al lavoro, il diritto alla salute, il diritto alla giustizia, ecc. Non è difficile imprecare contro la “mala-burocrazia”, contro il “malgoverno”, contro la negazione dei più comuni ed importanti servizi, di cui dovrebbe essere dotata una società degna di definirsi civile. Ciò che è molto difficile, invece, è passare dalla fase dell’imprecazione e della protesta, entrambi straordinariamente semplici, a quella della soluzione compatibile: con le risorse finanziarie e umane disponibili, con la situazione strutturale e infrastrutturale, con gli equilibri politici, ecc.
Tra l’imprecazione e la soluzione c’è la stessa differenza che c’è tra un tifoso di una squadra di calcio, che sbraita perché vorrebbe che scendesse in campo un giocatore anziché un altro, e l’allenatore della medesima squadra, il quale sa quali sono le condizioni fisiche e psicologiche dei calciatori a sua disposizione e il livello di rendimento di ciascuno. Sa, meglio di chiunque, nel corso della partita, quando è opportuno effettuare la sostituzione, per un’esigenza tattica o per evitare il calo di attenzione che può compromettere il risultato finale dell’incontro
Questa condizione di netta separazione tra l’imprecazione e la soluzione costituisce il solco ideale per chiunque abbia voglia di seminare il disordine, la sfiducia, il disimpegno, la rassegnazione, ma anche per chiunque abbia voglia di gestire in dissenso parlando allo stomaco, alla tasca e al cuore delle persone, piuttosto che alla ragione, alla coscienza e alla conoscenza. Credetemi, farlo non è affatto difficile!
Per parlare alla ragione e farsi comprendere e apprezzare è necessario propugnare soluzioni credibili e praticabili, efficaci e concrete. Per imprecare, invece, è sufficiente attendere le proposte degli altri e, urlando, dire che sono sbagliate, perché se ne potrebbero mettere in campo altre, sicuramente migliori. In fondo, non costa nulla, tanto, per fortuna, nella stragrande maggioranza dei casi, chi impreca, poi, non si propone mai, non governa. Quindi, egli non ha alcuna responsabilità circa l’inefficacia delle sue proposte, in quanto, quasi certamente, non sarà suo compito sperimentarle.