Cadono aggravanti e arrivano anche sconti di pena per qualche imputato del processo Alastra, scaturito dall’operazione antimafia dei carabinieri che il 30 giugno 2020 portò al fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, 11 persone ritenute, a vario titolo, responsabili di “associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di beni, corruzione, atti persecutori, furto aggravato e danneggiamento”
Il Presidente della terza sezione penale della Corte d’Appello di Palermo ha emesso la sentenza che riguarda sette degli 11 soggetti implicati nell’inchiesta: Gioacchino Spinnato, Domenico Farinella, Giuseppe Farinella, Giuseppe Scialabba, Francesco Rizzuto, Antonio Alberti, Mario Venturella.
Per Domenico Farinella, che ha rinunciato all’appello, la condanna a 6 anni è diventata così definitiva. Confermate anche le condanne per Antonio Alberti (10 anni), Giuseppe Farinella (12 anni), Francesco Rizzuto (10 anni) e Gioacchino Spinnato (4 anni). Soltanto per un imputato, Mario Venturella, sono cadute le accuse più gravi – associazione mafiosa ed estorsione – ed è rimasto in piedi soltanto quella di danneggiamento e la sua pena è stata così ridotta: da 8 anni e 10 mesi a 2 anni ed è stato anche scarcerato. Un piccolo sconto è stato anche concesso a Giuseppe Scialabba: la sua condanna è così passata da 16 anni a 15 anni e 10 mesi.
I giudici inoltre hanno confermato i risarcimenti ai Comuni di Castelbuono, Pollina (entrambi rappresentati dall’avvocato Ettore Barcellona) e Castel di Lucio, oltre che al Centro Pio La Torre (entrambi difesi dall’avvocato Francesco Cutraro), e a una serie di altre associazioni: Sos Impresa, Solidaria, Associazione Caponnetto, Fai, Acis, Rete per la legalità Sicilia, Addiopizzo (avvocato Salvatore Caradonna), Confcommercio, Confesercenti e Sincindustria. Grande assente il Comune di San Mauro Castelverde che non ha neppure presentato l’istanza per costituirsi parte civile. E’ stato accolto l’appello della parte civile Mammana Michelangelo, assistito dagli avvocati Fausto Amato e Maria Luisa Martorana, in relazione al mancato riconoscimento della provvisionale, che la Corte ha riconosciuto.
L’inchiesta era stata coordinata dai sostituti Bruno Brucoli e Gaspare Spedale. Il clan era stato smantellato ed erano stati ricotruiti – anche grazie alla collaborazione delle presunte vittime – 11 espisodi estorsivi. I boss, secondo l’accusa, avrebbero persino imposto la fornitura di carne dalla macelleria di proprietà di Giuseppe Scialabba, a Finale di Pollina.
All’esito del processo, con rito abbreviato, lo scorso febbraio, il Tribunale di Palermo aveva inflitto 12 anni a Giuseppe Farinella, figlio di Domenico, detto “Mico” e nipote di Peppino Farinella, capo della famiglia di San Mauro Castelverde e un tempo membro della Commissione mafiosa siciliana. Sei anni al padre Domenico e 16 anni di reclusione a Giuseppe Scialabba. Il castelluccese Antonio Alberti era stato condannato a 10 anni e il tusano Gioacchino Spinnato a 4 anni di carcere, 10 anni per Francesco Rizzuto e 8 anni e 10 mesi per Mario Venturella. Erano stati assolti, per non aver commesso il fatto, Rosario Anzalone e Vincenzo Cintura; “perché il fatto non costituisce reato” Arianna Forestieri, invece per Francesca Pullarà il giudice ha ritenuto “non doversi procedere” per intervenuta prescrizione del reato. Per questi ultimi 4 la Procura aveva deciso di non appellarsi.
Nel blitz dei carabinieri del 30 giugno 2020 finirono sotto inchiesta anche Antonio Giuseppe Dimaggio, assistito dall’avvocato Santo Vincenzo Trovato, e l’ispettore della polizia penitenziaria Giuseppe Rubbino, difeso dall’avvocato Luca Angeleri, i cui reati, in corso di giudizio, con rito ordinario, presso il Tribunale di Termini Imerese. Prossima udienza prevista per il prossimo 10 febbraio