Processo Nebrodi, ex sindaco di Tortorici torna ai domiciliari
I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno dato esecuzione ad una Ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame di Messina che dispone la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti dell’ex sindaco del Comune di Tortorici, Emanuele Galati Sardo.
L’odierna misura restrittiva è stata disposta a seguito di Sentenza della Suprema Corte di Cassazione, in ordine all’accoglimento di un precedente ricorso proposto dalla Procura della Repubblica di Messina.
In particolare, il Provvedimento oggi eseguito si inserisce nell’ambito dell’Operazione Nebrodi, diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Messina che, nel gennaio 2020, portò alla disarticolazione di due agguerrite e strutturate associazioni per delinquere di stampo mafioso, originarie della zona nebroidea: il gruppo mafioso dei “Bontempo-Scavo”, capeggiato da Aurelio Salvatore Faranda, ed il clan dei “Batanesi”, diretto da Sebastiano Bontempo, detto “il biondino”.
A seguito della predetta operazione, peraltro, il Ministro dell’Interno, su proposta del Prefetto di Messina, a dicembre 2020, aveva disposto lo scioglimento del Consiglio Comunale di Tortorici, per la documentata esistenza di sintomi inerenti l’infiltrazione mafiosa della macchina comunale.
Con specifico riferimento alla posizione dell’ex sindaco Galati Sardo, le indagini avevano documentato come questi, Operatore/Responsabile di un Centro di Assistenza Agricola di Tortorici dal 2013 e sino alla nomina a Sindaco, avvenuta nel 2019, secondo l’ipotesi investigativa, pur non organico ai gruppi mafiosi investigati dei “BATANESI” e dei “BONTEMPO-SCAVO”, avesse avallato la regolarità delle domande di pagamento dei contributi europei presentate dai vari sodali, di fatto favorendone l’illecito accrescimento economico.
Il primo arresto dell’ex sindaco poi scarcerato
Anch’egli destinatario nel gennaio 2020 di ordine di cattura ai domiciliari, nel successivo interrogatorio di garanzia, tuttavia, non più responsabile di un C.A.A., mostrava segni di ritenuta resipiscenza, talché veniva esclusa la possibilità di reiterazione del reato, accolte le istanze difensive e revocato il provvedimento di custodia cautelare.
Tale pronunciamento veniva impugnato dalla Procura della Repubblica di Messina e, a valle di un complesso iter giudiziario, la vicenda veniva rimessa alle decisioni della Suprema Corte di Cassazione. Quest’ultima accoglieva il ricorso presentato dalla Procura della Repubblica di Messina, talché il competente Tribunale del Riesame dello Stretto confermava l’impugnata misura degli arresti domiciliari, oggi eseguita dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo PEF di Messina, rafforzandola con il divieto di comunicare con persone diverse da quelle con le quali l’indagato conviva o dai quali sia assistito.
Le dichiarazioni dei pentiti al Processo Nebrodi
In tale complesso quadro, sono di rilievo centrale le dichiarazioni di due esponenti del clan dei “Batanesi”, indagati nello stesso procedimento e che, raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in carcere, decidevano di collaborare con l’Autorità Giudiziaria, divenendo collaboratori di giustizia. Si tratta di Giuseppe Marino Gammazza, detto “scarabocchio” e di Carmelo Barbagiovanni, detto “u muzzuni”.
Il primo collaboratore di giustizia dichiarava di essere stato avvicinato dall’ex sindaco, inizialmente, in occasione delle elezioni comunali del 2014 – 2015, con la richiesta di supportarlo nella competizione elettorale. Nell’occasione, tuttavia, Galati Sardo aveva perso le consultazioni elettorali. Successivamente, quindi, Galati Sardo riproponeva la propria candidatura nelle elezioni del 2019, riuscendo a conquistare la più importante carica comunale, e tale elezione venne sponsorizzata al Marino Gammazza direttamente dal fratello e dalla sorella di Sebastiano Bontempo, carismatico capo del dei “Batanesi”.
Carmelo Barbagiovanni descriveva l’ex Sindaco come soggetto che, attesa la qualità di responsabile di CAA all’epoca rivestita, risultasse aduso a favorire gli interessi criminali di tutti i soggetti comunque contigui alla famiglia dei “Bontempo-Scavo”, confermando come il politico fosse legato da rapporti di affinità con la sorella del “biondino”, nonché come risolvesse le contingenti difficoltà scaturenti dalla gestione delle illecite pratiche volte all’illegittimo ottenimento di fondi comunitari. In aggiunta, confermava l’impegno dei membri più autorevoli della consorteria dei “Batanesi” in occasione della competizione elettorale che avevano visto il Galati Sardo vincitore.
Al Processo Nebrodi 50 anni di carcere per 6 imputati
Con l’odierno provvedimento cautelare viene ulteriormente ribadita la “tetragona potenza malavitosa” delle strutture criminali oggetto delle investigazioni di cui all’Operazione Nebrodi, definita monumentale dallo stesso organo giudicante e che, il recente 23 aprile 2021, ha visto l’irrogazione, in abbreviato, seppur non definitiva, di oltre 50 anni di carcere per associazione mafiosa, nei confronti di 6 persone, tra cui proprio il Sebastiano Bontempo, detto “il biondino”, ed i due collaboratori di giustizia.