Inizierà il 12 febbraio 2024, davanti alla prima sezione della Corte d’Appello di Messina, il processo di secondo grado, denominato “Nebrodi”, per i 91 imputati, condannati in primo grado ad oltre 600 anni di carcere dal collegio giudicante del Tribunale di Patti (presidente Ugo Scavuzzo, a latere Andrea La Spada ed Eleonora Vona) nel maxi processo in cui a rappresentare l’accusa era l’allora procuratore aggiunto Vito Di Giorgio, il sostituto procuratore Fabrizio Monaco e gli altri magistrati che hanno curato l’inchiesta.
Il blitz di carabinieri e Guardia di finanza è scattato il 15 gennaio 2020 con 94 arresti, 48 in carcere e 46 ai domiciliari, vedeva accuse, a vario titolo, per associazione per delinquere di stampo mafioso, danneggiamento a seguito di incendio, uso di sigilli e strumenti contraffatti, falso, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, truffa aggravata. Alla sbarra, in quello che venne definito maxiprocesso, c’erano soprattutto soggetti ritenuti legati a due gruppi criminali attivi da decenni a Tortorici. Qui, tra 2015 e 2021, sono stati assegnati oltre 22 milioni di euro di fondi Ue per l’agricoltura, distribuiti a 610 beneficiari. Sono numeri notevoli, considerato che il paese ha circa seimila abitanti e 70 chilometri quadrati di superficie.
In appello la Procura intende rovesciare la decisione arrivata dal primo grado, dalla quale non emergono reati di natura mafiosa, chiedendo di riconoscere invece l’associazione mafiosa, finalizzata alle truffe agricole e ai contributi comunitari. L’asso nella manica della Procura, per stravolgere la sentenza di primo grado, è il neo collaboratore di giustizia, il barcellonese Salvatore Micale, inteso “Calcaterra”, che da mesi sta raccontando tutto quello che sa sulla mafia di Messina e provincia.