Reddito di cittadinanza, a giugno torna obbligo di “lavoro” nei Comuni

Si torna a parlare di Reddito di Cittadinanza e degli obblighi per i beneficiari del sussidio di svolgere i cosiddetti Puc, progetti di pubblica utilità, presso il comune di residenza.

L’obbligo era entrato in vigore con il decreto del ministero del Lavoro, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’8 gennaio 2020, ed imponeva ai beneficiari del sussidio di offrire, nell’ambito del Patto per il lavoro e del Patto per l’inclusione sociale, la propria disponibilità per la partecipazione a progetti, utili alla collettività, da svolgere nel comune di residenza, ma era stato sospeso, in considerazione dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus, a decorrere dal 23 febbraio 2020 e sino al primo giugno 2020.

Ai singoli Comuni è stata attribuita la discrezionalità di impiegare i beneficiari del reddito ma solo pochi Enti, prima della sospensione, avevano avviato le procedure burocratiche per impiegare i percettori del reddito di cittadinanza per lavori di pubblica utilità, garantendo nuove risorse da destinare alle attività ordinarie del Comune, non intaccando il bilancio comunale e fornendo un prezioso supporto in un momento di oggettiva difficoltà amministrativa.

I percettori del reddito di cittadinanza, ricordiamo, sono cittadini che, purtroppo, non ricoprono un’occupazione lavorativa, rendendo quindi necessario un intervento dello Stato per far fronte alle spese ordinarie. Molti, legittimamente, si chiedono perché queste persone, in attesa di trovare un lavoro, non vengano impiegate dagli Enti Locali, in primis nei Comuni. Con la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale e la fine del periodo di sospensione dettato dall’emergenza Covid, entrano nuovamente in gioco i Comuni di residenza dei percettori del sussidio che fino a questo momento non avevano avuto alcun beneficio, ma che da ora in avanti potranno utilizzare i beneficiari del reddito sulla base di quanto stabilito non solo da decreto 4/2019, ma anche dal decreto attuativo pubblicato l’8 gennaio 2020 sulla Gazzetta Ufficiale dopo un accordo tra ministero del Lavoro e Comuni. I progetti utili per la collettività vengono svolti in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni.

I Pucsi legge sulla Gazzetta – non rappresentano un rapporto di lavoro e pertanto i lavori di pubblica utilità non sono da considerarsi prestazioni di lavoro autonomo, subordinato o parasubordinato”. Le attività di pubblica utilità non devono superare le 8 ore settimanali, che possono essere espletate in un solo o più giorni della settimana; il beneficiario ha l’obbligo di completare le ore previste nel mese; in caso di flessibilità, le ore saranno recuperate successivamente; nel caso di ampliamento delle ore, fino ad un massimo di 16 settimanali, la flessibilità prevista per le 8 ore non è contemplata e i beneficiari devono svolgere settimanalmente le ore concordate. La mancata accettazione della condizione stabilita dal decreto da parte di uno dei componenti del nucleo familiare determina la decadenza del reddito.

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Pubblicato da
Giuseppe Salerno