Quella che stiamo per raccontarvi è una storia, principiata alle ore 4:30 del mattino di ieri, giovedì 18 novembre, dai contorni inquietanti. Una storia triste, e assurda al tempo stesso, dalla quale emergono superficialità, disinteresse, incompetenza e disumanità, da parte di alcuni soggetti delle Istituzioni. Quelle Istituzioni organizzate giuridicamente per operare – o almeno dovrebbero – al fine di garantire, tra le altre cose, l’individuo. Il protagonista di questa storia è un paziente psichiatrico di 35 anni, di Novara, per il quale, da ieri pomeriggio fino questa mattina, varie forze di Polizia sono state impegnate nella ricerca dello stesso.
Ma andiamo con ordine, partendo dall’inizio.
Alle 4:30 del mattino di ieri, giovedì 18 novembre, l’ambulanza del “118” della Postazione di Santo Stefano di Camastra viene allertata dalla Centrale operativa di Messina per un intervento presso la caserma dei Carabinieri di Tusa, per soccorrere un paziente che era stato fermato qualche istante prima dai militari dell’Arma della Stazione, durante un normale controllo del territorio. Paziente sul quale insisteva un provvedimento di Trattamento Sanitario Obbligatorio emesso dai sanitari del Dipartimento di salute mentale di Reggio Calabria dove il 35enne si sarebbe dovuto trovare ricoverato in regime di TSO.
L’ambulanza del “118”, preso in carico il paziente, viene scortata dai carabinieri dalla caserma di Tusa fino alla S.S. 113 dove la sicurezza del mezzo di soccorso e degli occupanti passa ai Vigili Urbani del Comune di Tusa i quali scortano equipaggio e paziente fino all’ospedale di Sant’Agata di Militello, dove giungono intorno alle 8:00. I medici del pronto soccorso del nosocomio santagatese, accertato il fatto che sul soggetto interessato gravava un provvedimento Trattamento Sanitario Obbligatorio, rifiutano il paziente. Il 35enne rimane dentro l’ambulanza presidiata all’esterno, sia dai Vigili Urbani di Tusa che l’avevano accompagnato sino a lì, che dai Vigili Urbani di Sant’Agata di Militello, giunti sul posto per gestire il caso. Dopo poco il paziente, in preda ad una crisi, si da alla fuga, ma presto viene raggiunto, placcato dal dispiegamento di uomini di Polizia locale e trascinato a forza dentro l’ambulanza dove viene sedato.
La Centrale operativa del “118” di Messina riesce a contattare la struttura dove il 35enne, in regime di TSO risultava essere ricoverato. Struttura disponibile a riaccogliere il paziente. Ma nessuno delle forze di Polizia presenti è disponibile a scortare l’ambulanza fino a Messina dove il paziente sarebbe stato affidato ad altro presidio sanitario mobile che avrebbe provveduto ad accompagnarlo nel centro da dove lo stesso si era allontanato. Nonostante tutti fossero convinti della necessità della “posizione di garanzia” delle Forze dell’Ordine, volta a garantire l’incolumità e la sicurezza del paziente, del personale sanitario e di altri possibili cittadini, avendo assistito alla manifestazione di ribellione del soggetto, che nel tentativo di fuga, impedita dall’intervento di 4/5 agenti, aveva costretto quest’ultimi all’uso della forza, nessuno è disponibile a scortare l’unità mobile medicalizzata fino a Messina.
L’ambulanza rimane parcheggiata, con il paziente a bordo, nei pressi del pronto soccorso di Sant’Agata per ore. Intorno alle 11:00 lo schieramento di Vigili Urbani va via, lasciando il paziente psichiatrico nelle sole mani del personale sanitario del 118. Dopo qualche ora, finito l’effetto dei farmaci, il 35enne si sveglia e, in condizioni di scarsa lucidità – come ci raccontano dei testimoni- si allontana dal mezzo sanitario dandosi alla fuga. Il personale del 118 comunica immediatamente l’allontanamento del soggetto e da quel momento iniziano le ricerche del paziente che si concludono nella mattina di oggi con il ritrovamento del 35enne in Puglia. Fortunatamente in discrete condizioni.
Una triste vicenda che mette alla luce i madornali errori compiuti dai meccanismi di un sistema, fatto d’Istituzioni, che, in qualcosa, si sono inceppati. E’ chiaro che qualcosa non ha funzionato se il paziente sottoposto a cure mediche, a seguito di Trattamento Sanitario Obbligatorio, dopo essere stato recuperato per caso dai carabinieri, è stato messo in condizioni di pericolo, di allontanarsi e di girovagare per l’Italia. Quando si mettono in moto trattamenti di questo tipo, chi fa parte del sistema dovrebbe conoscere le procedure di internamento previste. Procedure studiate per proteggere i più deboli e non certamente per esporli a pericoli, come è successo in questo caso. Nella gestione dei TSO non vanno trascurati gli aspetti tecnico-giuridici, personale sanitario e Forze dell’Ordine sono depositari di una “posizione di garanzia” rispetto al paziente per il quale potrebbe determinarsi un rischio per la sua salute e/o l’incolumità sua o di altri. L’inosservanza di siffatta tutela può determinare ipotesi di reato di tipo omissivo. In un Paese che si definisce civile, dove ciascuno, nell’ambito del proprio ruolo, è convinto di saper sempre cosa fare o come comportarsi con coscienza, anche sl di là delle proprie competenze, certe cose non dovrebbero accadere.