Proseguono le indagini, del Comando Compagnia Carabinieri di Santo Stefano di Camastra, sovrainteso dal capitano Martina Perazzolo, coordinate dal procuratore capo della Procura della Repubblica di Patti, Angelo Cavallo, sul caso che ha portato all’arresto di due mistrettesi accusati, tra l’altro, di istigazione al suicidio.
Gli inquirenti lavorano per accertare, più nel dettaglio, l’entità delle somme sottratte anche alla famiglia dell’uomo che in un disperato atto, conseguenza estrema del progetto criminale messo in piedi dalla coppia di Mistretta, Acatincai Gabriel e Grazia Maria Di Marco, si è tolto la vita lo scorso 15 febbraio a Santo Stefano di Camastra.
Dalle indagini è emerso che il suicida nel tempo richiedeva soldi anche ai propri familiari. Implorava continui prestiti alla madre e alla sorella dicendo loro che sarebbero servite per le gravi malattie del figlio – residente con l’ex moglie in Brasile – vittima di incidente invalidante. Soldi che – secondo gli inquirenti – finivano nelle tasche della giovane coppia mistrettese. La madre e la sorella, valutata il fine e l’importanza della richiesta, non negarono mai aiuto al proprio familiare, arrivando fino a vendere tutto ciò che avevano nella loro disponibilità ed indebitandosi all’inverosimile. I due indagati erano riusciti a plagiare a tal punto la vittima che riuscivano a convincerlo a commettere ogni genere di reato, costringendolo persino a riprendere le azioni criminose con il proprio telefonino.
La coppia – emerge dalla minuziosa attività investigativa – aveva carpito la fiducia della vittima molto tempo prima. Infatti nel gennaio 2019 pare che marito e moglie – oggi ai domiciliari – avrebbero rubato l’oro in possesso della vittima per rivenderlo ad un “compro oro” e poi, incassato il denaro della ricettazione, si sono adoperati per far credere all’uomo che a compiere il gesto criminale fosse stata una terza persona, riuscendo così ad ottenere la fiducia dall’uomo
E’ stato possibile accertare che la vittima – a Santo Stefano di Camastra conosciuto con il soprannome di “lo svizzero” – dopo essere già stato ridotto in rovina, lo scorso gennaio – circa un mese prima dell’atto estremo volontario che lo ha portato alla morte – tentava il suicidio, ingerendo una grossa quantità di psicofarmaci, per il quale venne richiesto l’intervento sanitario della guardia medica.
L’indagata Grazia Maria Di Marco si sarebbe spacciata telefonicamente per la cognata, sia tramite messaggistica che con fugaci telefonate nelle quali parlava sottovoce per non farsi riconoscere – da qui il capo d’accusa, mosso nei suoi confronti dalla Procura di Patti, “sostituzione di persona.” Nel corso dell’anno precedente – è stato accertato – i due mistrettesi avrebbero convinto la vittima che a breve si sarebbe potuto sposare con la donna amata – ovviamente ignara di tutto – tutto ciò per spillare all’uomo gli ultimi residui di denaro ricavati dalla vendita di un immobile sito nella Città delle Ceramiche.
Acatincai Gabriel e Grazia Maria Di Marco dovranno adesso rispondere, davanti ai giudici del Tribunale di Patti di : estorsione aggravata in concorso, morte come conseguenza di altro delitto, sostituzione di persona e ricettazione in concorso.
A breve gli interrogatori di garanzia.