Social Network: luogo di superficialità e di triste e radicata rabbia sociale
I social network offrono la possibilità, a ciascuno, di avere un proprio profilo personale da gestire e modificare a proprio piacimento. Un uso razionale dello stesso è, senza alcun dubbio, una forma alternativa di svago, una “ricreazione” nella pesante realtà quotidiana, se pur un’illusoria maniera per “socializzare”. Concedendo ad ognuno l’opportunità di commentare e formulare teorie su qualsiasi argomento, senza nessun obbligo di verificare la completezza delle notizie che vengono commentate o l’effettiva autenticità, dai social network emerge una superficialità dilagante accompagnata da una triste e radicata rabbia sociale.
Non so se ci avete fatto caso, ma sempre più persone utilizzano queste piattaforme sociali per sfogare disagi, difficoltà, insoddisfazioni, frustrazioni, le quali stanno assumendo caratteristiche sempre più aggressive. Rabbia accumulata, odio, irritazione e rancore, repressi nella vita quotidiana, vengono vomitati, da troppa gente, attraverso i social, i quali sono diventati una valvola di sfogo, il posto ideale dal quale poter esternare ciò che, in altri ambiti, non si avrebbe il coraggio o il buon senso di esprimere.
Pochi, nella vita reale, hanno la forza di ribellarsi ed opporsi di fronte a soprusi, sopraffazioni, prepotenze, ingiustizie. Con espressioni tipo: “a mia cu mi ci porta… pirchì m’haiu a fari u malu nuomu… tantu nun cancia nenti…”, tanti, giornalmente, accettano ogni tipo di condizione. Molti (spesso gli stessi) nei siti di reti sociali riescono a sfogare ogni forma di disagio, ribellandosi ed esercitando il diritto di critica. Su Facebook, o negli altri social, trovano la forza ed il coraggio di manifestare il proprio malessere, la propria contrarietà, il proprio biasimo per ogni cosa che non accettano o non condividono, per ogni cosa che viene illegittimamente negata: prevaricazioni, ingiustizie, decisioni politiche, scelte del proprio datore di lavoro…Ma solo su Facebook…
Per effetto di questa constatazione, tra i numerosi aspetti distintivi del social Facebook, intravedo anche quello spazio che, inconsciamente, la gente affolla per poter esercitare “l’ius murmurandi” ossia il diritto di mugugnare, brontolare, di esprimere le proprie critiche, il proprio dissenso che, anche in regime totalitario, i potenti concedono agli oppressi. Una sorta di valvola di sfogo per la rabbia sociale che, una volta sviscerata, attenua, affievolisce, “libera” l’oppresso, riportando la collera, della gente esasperata, entro certi standard, scongiurando il pericolo d’insubordinazione generale. Ovviamente a netto vantaggio di chi comanda, decide e soffoca.