Troina, dalla Cassazione arriva la condanna per il boss Davide Schinocca
Divengono definitive le condanne in Cassazione a carico del referente di “Cosa Nostra” a Troina, Davide Schinocca e di due appartenenti al clan, ovvero Domenico Sotera e Luigi Compagnone. Tutti e tre vengono ritenuti colpevoli di associazione a delinquere di stampo mafioso. E passata in giudicato, per loro, la sentenza del processo Discovery, dopo il pronunciamento della quinta sezione della Suprema Corte, che ha respinto i ricorsi dei loro legali.
Davide Schinocca, l’uomo che guidava il clan troinese di “Cosa Nostra” – un gruppo pericoloso anche perché collegato alla costola di Aci Catena del clan Santapaola Ercolano – prende 15 anni di reclusione, Sotera e Compagnone vengono condannati a nove anni e undici mesi. Divengono, pertanto, definitive le condanne, già confermate dalla Corte di Appello di Caltanissetta, del 26 ottobre 2021 nei confronti degli imputati, confermata anche la condanna al risarcimento dei danni nei confronti del Comune di Troina, rappresentato dal sindaco on. Fabio Venezia, costituitosi parte civile con l’avvocato Salvatore Timpanaro del foro di Enna.
I tre imputati erano accusati – oltre che di una serie di estorsioni, detenzione illegale di armi, furti aggravati – di associazione mafiosa “perché – secondo la Procura Distrettuale di Caltanissetta – facevano parte di una articolazione, costituita e operante a Troina, della famiglia Santapaola di Catania, a sua volta inserita in “cosa nostra”, nel territorio di Troina dal 2012 al giugno del 2016.”
La quinta sezione della Corte di Cassazione ha, invece, annullato la sentenza emessa, per i fatti avvenuti tutti in territorio di Cerami, nei confronti di Sebastiano Grasso, Cristian Modica e Sebastiano Foti, rinviando alla Corte di Appello di Caltanissetta al fine di operare un semplice ricalcolo della pena. Ai tre imputati troinesi Schinocca, Sotera e Compagnone era stata contestata l’aggravante di aver fatto parte di una associazione avente disponibilità di armi per il conseguimento delle finalità illecite; allo Schinocca l’aggravante di avere assunto il ruolo di capo per il territorio di Troina.
Il sindaco Fabio Venezia nel mirino delle organizzazioni criminali per le sue denunce contro cosa nostra e la cosiddetta «mafia dei Nebrodi», ha fortemente voluto la costituzione di parte civile, affidata allo studio Timpanaro & Partners, come un atto politico di grande valore simbolico, che vuole testimoniare: l’impegno delle istituzioni locali nella lotta alla criminalità mafiosa e la vicinanza e il pieno sostegno alle vittime e alle parti offese. L’attività investigativa nell’ambito dell’operazione denominata “Discovery” – il cui impianto è stato ora definitivamente in pieno confermato dalla Suprema Corte – ha fatto emergere la capacità oppressiva del sodalizio criminale ai danni degli operatori economici del territorio troinese, nonché il subdolo tentativo di condizionare aspetti della vita pubblica cittadina, con conseguente lesione dell’immagine dell’intera comunità. Eloquente sul punto l’intercettazione dello Schinocca che, nel 2013, appresa la notizia dell’elezione del sindaco Venezia, la commenta con grande disappunto, reputando un nemico. Il Comune di Troina è aderente dal novembre 2013, come socio fondatore, all’ “Associazione Antiracket e Antiusura di Troina”.
L’amministrazione comunale di Troina si è, quindi, costantemente attivata con tutti i mezzi di cui dispone, per contrastare i fenomeni criminosi di tipo mafioso – ora debellati – giacché essi hanno messo in pericolo la sicurezza dei propri cittadini, mortificando l’immagine della città e pregiudicandone lo sviluppo economico, sociale e culturale. Le somme che saranno ricavate dalla condanna al risarcimento dei danni a carico egli imputati saranno destinate – così come espressamente dichiarato dal legale del Comune in seno alla costituzione di parte civile – per finalità con valenza morale e sociale e segnatamente nel campo della cultura della legalità.